venerdì 30 settembre 2011

"Pagine sullo schermo" di Paola Scrolavezza - Tratto dall'introduzione a "Lampi" di Fumiko Hayashi, 2011


"Nel 1952 Inazuma viene portato sullo schermo da Naruse Mikio (1905-1969), portavoce di un cinema nel quale si riflette nitido e denso il senso di disagio che accompagna l'esperienza giapponese della modernità. Negli anni cinquanta i suoi maggiori successi sono state pellicole ispirate alle opere di Hayashi Fumiko, con la quale condivide l'attenzione al ruolo della donna e a una topografia metropolitana in incessante trasformazione. Quando adatta Inazuma, l'industria cinematografica stava uscendo dagli anni bui della guerra e della successiva occupazione americana. La democratizzazione del dopoguerra includeva la legge sui diritti delle donne e, a livello di costume, aveva portato una maggiore libertà sessuale, tuttavia il ruolo della donna nel nuovo Giappone restava un argomento controverso. In questo clima socio-politico il regista riprende e sviluppa il discorso della soggettività femminile già tracciato dalla scrittrice e, se la durezza del Giappone di Hayashi risulta temperata dall'ambientazione in studio e dalla recitazione delle star, la riflessione sulla realtà delle donne e sul loro insoddisfatto desiderio di felicità non abdica al proprio potenziale critico nei confronti della modernità e delle false promesse della democratizzazione dell'era Taisho.
Progettato da Naruse stesso, Inazuma è ambientato nel periodo postbellico (a differenza del romanzo che si sviluppa fra il '36 e il '37), per cui, anche se il regista rimane piuttosto fedele agli eventi narrati, li reinterpreta in un'ottica differente. Se nel testo la guerra è solo uno spettro che minaccia chi come Kasuke è partito per la Manciuria in cerca di fortuna e potrebbe anche rappresentare un'occasione di riscatto, nell'adattamento cinematografico si fa reale e tangibile, soprattutto nelle ripercussioni economiche della disfatta e nel decadimento morale di quanti non riescono a trovare il proprio spazio nella realtà postbellica. Così il marito di Nuiko passa da un progetto all'altro e accumula debiti su debiti, inseguendo la chimera di un guadagno facile e veloce, mentre Kasuke non riesce a trovare un'occupazione e spende le proprie giornate al pachinko, continuando a vivere alle spalle della vecchia madre.
Se il personaggio di Kiyoko conserva la testardaggine e la voglia di un futuro o di un destino diversi, possibili solo lontano da casa, li esprimerà con una nuova maturità: più pacata e determinata, meno tormentata e contraddittoria, sullo sfondo di una Tokyo ulteriormente moderna, dove alla bicicletta si è sostituita la moto e al kimono l'abito occidentale, dove una coppia di vecchi sposi può per la prima volta fare un giro turistico attraverso la città, in pullman. Tuttavia aleggia su tutto il film un senso di malinconia, di rassegnazione che è di Naruse, ma anche, come abbiamo visto, degli ultimi lavori di Hayashi."

Di Paola Scrolavezza, tratto dall'introduzione a "Lampi" di Fumiko Hayashi, Marsilio 2011.

Contributi critici, notizie e contenuti vari, approfondimenti, altre immagini...





Contributi critici e citazioni varie:




DVD in edizione italiana:

- SENZA LEGAMI DI PARENTELA (1932)

- SOGNI DI UNA NOTTE (1933)



Immagini ulteriori tratte dalle opere di Naruse Mikio:

A Wanderer's Notebook (Hourou-ki)

a.k.a. 放浪記 / Her Lonely Lane / Drifting
Chronique de mon vagabondage / Cronoca del mio vagabondaggio

Anno 1962
Durata 2h 04'
Sceneggiatura di Toshiro Ide e Sumie Tanaka, basato sul romanzo di Hayashi Fumiko e sull'opera di Kikuta Kazuo

---- Regia di Mikio Naruse ----


Interpreti principali:
Hideko Takamine (Fumiko Hayashi), Akira Takarada (Fukuya), Daisuke Kato (Nobuo Sadaoka), Keiju Kobayashi (Fujiyama), Kinuyo Tanaka (Kishi, la madre di Fumiko), Mitsuko Kusabue (Kyoko Hinatsu), Noboru Nakaya (Haruhiko Itatsu), Yunosuke Ito (Goro Shirasaka), Jun Tatara (Tamura)


"Sono una vagabonda predestinata. Non possiedo un paese natio... pertanto è il viaggio la mia terra d'origine."
Incipit di "Hōrōki" (1928) di Hayashi Fumiko.
 
Per gentile concessione della preziosa Picchi/Kira Mei,
grazie ancora da Cignoman

Hayashi Fumiko (Takamine Hideko) ha passato l'infanzia seguendo la madre e il patrigno, venditori mbulanti. Una volta raggiunta l'età dell'indipendenza e aver convinto la madre a raggiungere il marito nel Kyushu, Fumiko comincia da sola l'ardua ricerca di un lavoro e di una casa editrice che compri i suoi racconti, nella Tokyo degli anni '20. Una sera mentre lavora in un bar, Date, un affascinante attore, scopre il suo talento per le poesie e la coinvolge nella sua prima storia d'amore, destinata al fallimento. Sempre in un bar fa la conoscenza dei membri di un circolo letterario che la vogliono partecipe nella loro rivista. Anche se non retribuita, Fumiko accetta con entusiasmo: scrivere è lo sfogo di un'amara esistenza assorbita dalla passione viscerale per la creatività della penna. Accetterà di convivere con uno dei membri, Fukuchi, che si rivelerà un "crudele ed effemminato" compagno. Fumiko odia gli uomini, ma non può fare a meno di amarli, combatte una civiltà maschilista per imporsi come autrice a tutti gli effetti: riuscirà, ma non senza dover patire sofferenze e conoscere l'amarezza più nera.



Considerato uno dei migliori tra gli ultimi film di Naruse, spicca per l'eleganza della regia che non fa mai distogliere lo sguardo dalle belle inquadrature e dalla stupenda, e qui più che mai, bravissima Takamine. Naruse ha scelto più volte di girare film tratti dai romanzi della scrittrice Hayashi: Meshi, Tsuma, Inazuma, Bangiku, Ukigumo. La forte connotazione di tematiche femminili e femministe hanno trovato campo fertile nell'intento artistico del regista, nelle cui opere spessissimo spesso la figura della donna è assoluta protagonista, nel suo confronto con la modernità e il desiderio di emancipazione. Hayashi nella sua confessione catartica ha delineato la faticosa ricerca di un'equilibrio interiore che compensi lo squilibrio del rapporto con gli uomini. Non sopportando l'idea di stare sola, si accontenta di vivere con un uomo che la maltratta e non accetta il suo talento mortificandola e che lei stessa sa che non dovrebbe sopportare. Il suo carattere forte, la determinazine e la spiccata personalità che rispecchia nelle sue poesie, le richiamano aspre critiche da intalentuosi letterati che non riescono ad accettare la rivalità e il merito di una donna. Alla fine i suoi sforzi però sono premiati. La sua biografia riscuote molto successo lanciandola nel mondo della letteratura, dove lavorerà sempre sodo e con passione. Può finalmente permettersi kimono pregiati per la madre, una casa grande, una collezione di azalee nel giardino e, finalmente, un marito gentile. Tutto questo però a discapito della vitalità di un tempo e dell'indurimento di se stessa. 















Versione compatibile '2 cd'

(Tradotti da gattociliegia, revisione di Cignoman per AsianWorld)

sabato 24 settembre 2011

Flowing (Nagareru)

a.k.a. 流れる / Au gré du courant / Kylontas / Nella corrente
Anno 1956
Durata 1h 57'
Sceneggiatura di Toshiro Ide, Sumie Tanaka, da un racconto di Aya Koda
---- Regia di Mikio Naruse ----


Interpreti principali: 
Kinuyo Tanaka (Rika Yamanaka / Oharu), Isuzu Yamada (Otsuta), Hideko Takamine (Katsuyo, figlia di Otsuta), Mariko Okada (Nanako), Haruko Sugimura (Someka), Sumiko Kurishima (Ohama), Chieko Nakakita (Yoneko, sorella di Otsuta), Natsuko Kahara (Otoyo, sorella di Otsuta e Yoneko), Seiji Miyaguchi (lo zio di Namie), Daisuke Kato (l'ex compagno di Yoneko).
Naruse diresse Nagareru nel 1956, l'anno in cui la prostituzione fu dichiarata fuori legge in Giappone: le difficoltà economiche affrontate dalle geisha protagoniste di questo film le portano a compromessi che le avvicinano allo spettro della svendita di se stesse, alla prostituzione in sostanza. Come si sa letteralmente 'geisha' significa 'artista', interprete di un mondo di bellezza, non più necessarie in un Giappone che sta cambiando molto in fretta: ecco che nasce un ritratto del mondo delle geisha molto lontano dagli stereotipi, dai lirismi fini a se stessi, aderente a un quotidiano fatto di litigi, piccole e grandi contese, momenti di intima solidarietà femminile, chiacchiere, rimpianti, gatti e conti da pagare. Naruse ci porta immediatamente, dalla prima sequenza, nell'intimità domestica di questo mondo di donne: Rika (Kinuyo Tanaka) rimasta vedova e avendo perso l'unico figlio, è costretta a rimboccarsi le maniche per cercare un lavoro e un posto in cui stare, un'impresa non facile per una donna ormai vicina alla mezza età; trova impiego come domestica presso una casa di geisha in declino e sull'orlo della bancarotta: entriamo così con lei dentro la casa delle geisha e conosciamo via via le altre protagoniste. Isuzu Yamada è Otsuta, la padrona di casa alle prese con i debiti, causati anche da una truffa perpetrata ai suoi danni dal suo ex amante. Hideko Takamine è sua figlia Katsuyo: non puo' esercitare il mestiere della geisha e quindi ereditare la casa perchè non è capace di mentire per assecondare i clienti, ma vive con la madre e le altre, affannandosi per cercare un'occupazione e aiutarle a pagare i debiti. La grande Mariko Okada (che donna...) interpreta Nanako, una geisha giovane e disincantata ma sincera; Someka, la geisha ormai sfiorita perennemente in bolletta e che vive di espedienti. Chieko Nakakita interpreta Yoneko, (bellissima) geisha sorella (minore) della padrona di casa, indolente e pigra, con tanto di figlia a carico: colei che sembrerebbe la sola in grado di procacciare abbastanza clienti da tenere in piedi la casa, ma che invece è assolutamente incapace di impegnarsi nel lavoro e nemmeno di badare alla figlioletta. Da ultima abbiamo la cinica sorella maggiore della padrona di casa, Otoyo (interpretata da Natsuko Kahara), che non vive nella casa con le altre, ma tesse le sue trame dapprima per riavvicinare Otsuta a un suo (ricchissimo) cliente e amante storico e poi (fallito tale progetto) ripiega su una nuova tattica per trasformare la casa stessa in un albergo. Abbiamo così una vasta galleria di ritratti femminili complessi e affascinanti che fanno di questo film un gioiello. 




SOTTOTITOLI  ITALIANI V1

SOTTOTITOLI  ITALIANI V2 

Versione compatibile '1GB' / 'iNT-Alaundo 1,36'

(Tradotti da Cignoman e Dan per AsianWorld)

giovedì 22 settembre 2011

"Intimismo e poesia: il wabi nel cinema di Naruse Mikio" - Tratto da "Storia del cinema giapponese" di M. R. Novielli, 2001

" Con il termine wabi (di difficile resa in altre lingue) i giapponesi connotano la serenità insita nella semplicità, la raffinatezza del non elaborato, l'austerità che rasenta la povertà: il fascino che ne scaturisce permea in modo indefinibile certe atmosfere. Il regista Naruse Mikio ha ritratto invece un mondo infuso del senso di un wabi stranamente pessimistico e irrimediabile, attraverso personaggi per i quali l'aspirazione alla felicità è un sentimento dai toni sbiaditi e sempre disilluso, costretti a un'accettazione passiva di quel poco che la vita offre loro. La stessa storia personale del regista ne era espressione: nell'anteguerra le sue esperienze individuali furono decisamente sfortunate. Dagli anni cinquanta Naruse è stato riconosciuto come uno dei maestri del cinema nipponico, eppure a tutt'oggi la sua opera non è ancora sufficientemente valutata all'estero, nonostante l'elevatezza artistica non sia inferiore a quella di registi del calibro di Mizoguchi e Ozu.
Nato nel 1905 a Tokyo, perse i genitori quand'era poco più che adolescente. Aveva dovuto anche abbandonare gli studi per lavorare, ma non per questo rinunciò alla sua grande passione per la letteratura, e quotidianamente si recava in biblioteca per divorare romanzi. Venne assunto alla Shochiku, dapprima come attrezzista e factotum, poi come sceneggiatore e aiuto regista. Sempre schivo, timido e solitario, Naruse perdeva ogni occasione per imporsi nella gerarchia della major, e per questo continuava nelle sue modeste mansioni mentre altri giovani assunti dopo di lui come Ozu, Gosho e Shimizu già erano diventati registi. Solo nel 1930 Kido Shiro permise a Naruse di girare un film basato su una sua sceneggiatura e che fu poi montato da Gosho: I coniugi Chanbara (Chanbara fufu), in sole due bobine e realizzato in trentasei ore. Il film successivo, Innocenza (Junjo, 1930) sorprese per la sua carica lirica, e furono in molti ad apprezzarlo, tra cui Ozu secondo il quale si era rivelato il genio di un maestro, ma non per questo la strada verso il successo si era spianata. Naruse dovette infatti continuare a girare slap stick e melodrammi; ogni sua proposta differente da quelle abituali della major veniva stroncata dal direttore della Shochiku, a cui il regista non piaceva. Infine, dopo aver realizzato In bocca al lupo, piccolo salariato (Koshiben ganbare, 1931, il primo dei suoi film oggi esistenti), uno shomingeki descritto con una profonda sensibilità verso i sentimenti, Kido lo riprese dicendogli: «qui non abbiamo bisogno di due Ozu».
Nonostante l'avversione di Kido, nel 1933 Naruse sceneggiò e realizzò un film che anticipava varie caratteristiche della sua tecnica futura, Dopo la nostra separazione (Kimi to wakarete), su un soggetto originale dello scrittore Kikuchi Kan. È la storia di una vedova che lavora come geisha per mantenere suo figlio, che però la detesta per la sua professione e diventa un mezzo delinquente. Il figlio si innamora poi di una giovane geisha che gli dimostra quanto sia stata difficile la scelta della madre, e che lo porta con sé al suo paese natale dove il padre, amante dell'alcol, sta per vendere come geisha anche la sorella minore. In questo film emergono le figure femminili che predomineranno in tutto il cinema di Naruse: donne descritte con delicatezza ma decise, indipendenti e coscienti dell'impossibilità di essere felici.
La donna è anche il personaggio principale di Sogni di una notte (Yogoto no yume, 1933), in cui la protagonista, sola con il figlio, è costretta a prostituirsi, finché ritorna da lei il marito che si ripromette di cercare lavoro per mantenere la famiglia. Ma l'uomo non riesce nel suo intento e fallisce anche come ladro, dopodiché si suicida, costringendo la moglie a ricominciare a prostituirsi. In questi due film Naruse abbozza quella che sarà la sua particolare matrice registica: rifiuta il superfluo, l'appariscente e ciò che è in grado di autodenotarsi nella scena. Non elabora piani di ripresa complessi, ma preferisce che la macchina da presa agisca pacatamente, con pochi movimenti vivacizzati in questo periodo da un montaggio rapido, in un ambiente calmo in cui la drammatizzazione resta soffocata. Dei personaggi, come degli oggetti, dipinge il wabi, nel loro caso una solitudine dietro la quale si nasconde un profondo turbamento interiorizzato, intuibile solo tra le righe. Nell'atmosfera pessimistica in cui si muovono, questi personaggi sono tanto tenaci da non rassegnarsi mai, e hanno una forte dignità che rifiuta gli autopietismi.
Lasciata finalmente la Shochiku, Naruse firmò un contratto con la PCL e ne diventò in breve il più importante autore. La sua vita migliorò qualitativamente: dopo il successo dei primi film Tre sorelle dal cuore di serve (Otome gokoro sannin shimai, 1935) e Moglie, sii come una rosa (Tsuma yo, bara no yo ni, 1935), abbandonò la squallida stanza in affitto e le lunghe giornate dedite all'alcol e senza denaro, sposò l'attrice Chiba Sachiko, protagonista del secondo film, da cui ebbe anche un figlio, e si trasferì in un lussuoso appartamento. Adattato dal racconto Asakusa no shimai di Kawabata Yasunari, Tre sorelle dal cuore di serve era il suo primo film sonoro. Registrò un grande successo grazie all'abilità di Naruse, un autentico edokko, nel ritrarre l'atmosfera della downtown di Tokyo. Ma è in particolare con Moglie, sii come una rosa che l'opera del regista ottenne la massima consacrazione [NOTA: Primo premio nella classifica annuale dei "Best Ten" della rivista Kinema Junpo, il film, con il titolo Kimiko, fu persino presentato a New York nel 1937]. Adattato dal romanzo Le due mogli (Futari tsuma) di Nakano Minoru, tra i film realizzati da Naruse fino a questo momento è il meno melodrammatico, oltre che quello in cui meglio delinea le caratteristiche della media borghesia. È la storia di una giovane che vive con la madre (una poetessa immersa in un ovattato mondo di cultura) che scopre nella nuova moglie del padre una persona sensibile, positiva, affettuosa. In questo film, i dialoghi rarefatti si inseriscono in una ricca tessitura di piccoli movimenti attraverso i quali viene creata l'atmosfera, gli sguardi si sostituiscono spesso alle parole nel descrivere i legami tra i personaggi. A differenza di Ozu che dirigeva nel dettaglio i suoi attori, Naruse lavorava "nell'ombra", intervenendo con tagli o particolari angoli di ripresa sulla loro recitazione, seguendo un disegno che non era noto a nessuno di quelli che lavoravano nel suo staff [NOTA: È diventato aneddotico questo suo ermetismo: pare che i suoi collaboratori non sapessero neanche se una scena lo avesse soddisfatto o meno]. Il periodo fortunato di Naruse non durò a lungo. Alcuni critici hanno sostenuto che il matrimonio aveva impoverito la sua vena poetica, e in effetti pochi film degli anni che seguirono riuscirono a raggiungere alti livelli. Nel 1942 divorziò dalla moglie e ritornò alla vita solitaria e irregolare di prima. Un periodo infelice durante il quale realizzò comunque un altro film importante, Tutta la famiglia lavora (Hataraku ikka, 1939), basato su un romanzo di Tokunaga Sunao. Siamo negli anni dei film di politica nazionale, e il soggetto dell'opera rientra a buon diritto in questo genere, almeno per la visione sociale del problema del lavoro che già il titolo suggerisce. Tuttavia, Naruse lo rende per lo più un racconto della vita quotidiana di questa povera e numerosa famiglia in cui tutti sono costretti a lavorare, compresi gli anziani e i figli più giovani. Un giorno il figlio maggiore annuncia al padre di voler continuare gli studi e che quindi i soldi ricavati dal suo lavoro serviranno al proprio mantenimento. Da questo scaturisce la crisi che è soggetto del film: il padre teme non solo le difficoltà economiche che lo stipendio in meno creerebbe, ma che anche gli altri figli possano seguire le orme del maggiore. È evidente l'impronta autobiografica (Naruse aveva dovuto cominciare a lavorare a soli quindici anni) e la partecipazione del regista alla situazione. "Dimenticando" di sottolineare con enfasi l'abnegazione di questi personaggi che lavorano per il bene dell'unità familiare (cioè il governo), nelle mani di Naruse non ci appaiono né come eroi né come antieroi. Non sono vittime di un vero dramma né di alcuna situazione che li glorifichi, questo perché nulla ha bisogno di accadere del tutto (il film non mostra se il figlio va davvero a studiare o no): sono solo in preda a un vago senso di impotenza perché posti di fronte a un piccolo problema dell'esistenza. Possiamo considerare questo primo periodo come un prologo alla grande opera di Naruse degli anni cinquanta, in particolare delle sue note trasposizioni dai romanzi della scrittrice Hayashi Fumiko, poiché il dopoguerra, con tutti i disagi esistenziali, trovò in lui uno dei più sensibili poeti. "

Tratto da "Storia del cinema giapponese" di Maria Roberta Novielli, Ed. Marsilio 2001.

Yoko Tsukasa e Yuzo Kayama in Scattered Clouds

Alcuni fermo immagine in bn tratti da Scattered Clouds (Midaregumo), l'ultimo film di Naruse Mikio, ritraggono i grandi interpreti Yoko Tsukasa e Yuzo Kayama.





mercoledì 21 settembre 2011

Scattered Clouds (Midaregumo)

a.k.a. 乱れ雲 / Two in the Shadow / Nubes Dispersas / Nubi sparse

Anno 1967
Durata 1h 48'
Sceneggiatura di Nobuo Yamada

---- Regia di Mikio Naruse ----



 
Interpreti principali:
Yuzo Kayama (Shiro Mishima della ditta Meiji); Yoko Tsukasa (Yumiko Shinoe); Mitsuko Kusabue (Ayako, sorella di Yumiko); Mitsuko Mori (Katsuko, tenutaria di un albergo tradizionale, cognata di Yumiko); Mie Hama (Teruko); Daisuke Kato (Hayashida, amante di Katsuko); Yoshio Tsuchiya (Hiroshi Eda, marito di Yumiko); Yu Fujiki (Ishikawa, marito di Ayako); Tadao Nakamaru (Fujiwara).


Hiroshi, dipendente del Ministero dell'Industria e del Commercio, è appena stato promosso: tra pochi giorni partirà per ricoprire il suo nuovo incarico a Washington, portando con sè la giovane e bellissima moglie Yumiko, incinta di tre mesi. Tutto sembra andare per il meglio, ma una disgrazia improvvisa si abbatte sul loro sogno di un futuro radioso: Hiroshi viene travolto e ucciso da una macchina, lasciando così Yumiko vedova. Alla guida della macchina investitrice c'era il giovane Shiro Mishima, il quale parimenti vedrà il suo futuro e le sue prospettive di felicità spazzate via da questa disgrazia, nonostante sia stato ritenuto legalmente non responsabile dell'accaduto. Shiro, tormentato dal rimorso e dal senso di responsabilità, sceglierà di aiutare economicamente Yumiko, la quale poco per volta supererà l'astio nei suoi confronti, cosicchè i due impareranno a conoscersi: potranno aspirare ancora alla felicità? Sarà loro concesso amare?



Brano tratto da "Ore giapponesi" di Fosco Maraini (prima ed. 1957):
<< Poi vi è il fatto gravissimo della responsabilità (sekinin). Su questo punto bisogna essere giusti coi giapponesi; essi ne posseggono il senso in maniera segnalata. Un giapponese non è un individuo; è un posto in una società a grana fina. I suoi doveri e i suoi diritti sono sempre ben definiti ed in generale egli li prende molto sul serio. Un giapponese ha sempre spiritualmente dei superiori e degli inferiori intorno a lui, ed è legato agli uni ed agli altri da un senso d'obbligazione morale (giri) profondamente sentito. Siccome tutto questo costituisce un peso, nessun giapponese desidera aumentare il proprio sekinin nella vita. Ora, se per caso avviene un incidente, ecco, a parte i riflessi economici, scatenarsi un tampesta nel mondo ordinato delle obbligazioni morali. Se, Dio ne guardi, un uomo viene investito e resta ucciso s'intende che l'investitore provvederà alla famiglia che sopravvive; ma questo non è solo un incidente finanziario, è un legame che si estende su tutto un piano morale. L'investitore sarà ritenuto responsabile, magari dieci anni dopo, se l'orfano dell'ucciso fa una sciocchezza e va in galera, oppure dovrà trovare un marito alle figlie dell'ucciso: un vespaio che non ha limiti, un mare di grattacapi. >>



Questa pellicola fu l'ultima di Mikio Naruse, considerata però tutt'altro che un testamento artistico, piuttosto un'opera minore: il soggetto non è tratto da un'opera di Fumiko Hayashi (come invece la maggior parte dei film più rappresentativi di Naruse) e si sente la mancanza di Hideko Takamine, l'attrice feticcio del regista. Nonostante queste premesse, Naruse ci accompagna sapientemente lungo il percorso umano dei due protagonisti, senza scadere mai nel patetico, indovinando la giusta commistione di melodramma e di riflessione tragica sulla vita. Ancora una volta ci presenta due "eroi morali": l'una tipica dei soggetti già rappresentati nella filmografia del regista, la vedova integra e onesta; l'altro meno consueto, l'uomo retto, altruista, dotato del senso di responsabilità e del senso dell'onore. Il mondo in cui si muovono non lesina meschinità, avidità, egoismo: la sorella di Yumiko non fa che preoccuparsi di spillare denaro a Shiro, la fidanzata di Shiro quando lui cade in disgrazia lo lascia e finisce per contrarre un matrimonio di interesse, la "vedova immorale" cognata di Yumiko vuole usarla per la sua avvenenza, così da agevolare gli affari del suo amante, il capo di Shiro approfitta dell'incidente occorso per esiliarlo nella sperduta Aomori, gli spietati regolamenti del ministero riconoscono alla vedova una pensione misera e così via. Due "eroi morali" sono fatti per riconoscersi, ma la ferita che li separa non sarà facile da valicare. L'interpretazione dei bellissimi Yoko Tsukasa e Yuzo Kayama (lo ricordiamo per l'eccellente prova in "Midareru") a mio avviso è efficace; Naruse era famoso per la sua abitudine di tagliare le battute dalla sceneggiatura in accordo con gli attori, chiedendo loro di esprimere con la gestualità e l'espressione del volto quelle parole omesse: nascono così le sequenze più belle della pellicola. Il resto del cast è formato tutto da vecchie conoscenze dei frequentatori del cinema di Naruse e di Ozu. 


Versione compatibile '902'

(Tradotti da Cignoman per AsianWorld)

martedì 20 settembre 2011

Sincerity (Magokoro)

a.k.a. Sincerità / まごころ / Sinceridad

Anno 1939
Durata 1h 07'
Sceneggiatura di Mikio Naruse, ispirato ad un racconto di Yôjirô Ishizaka

---- Regia di Mikio Naruse ----





Interpreti principali: Minoru Takada (Keikichi Asada, padre di Nobuko), Sachiko Murase (la madre di Nobuko), Takako Irie (Tsutako Haseyama, vedova e madre di Tomiko), Etchan (Nobuko), Teruko Kato (Tomiko), Fusako Fujima (la nonna di Tomiko), Sôji Kiyokawa (il professor Iwata)



  Nobuko e Tomiko frequentano la stessa classe e sono grandi amiche, ma mentre la prima appartiene ad una famiglia agiata ed è piuttosto viziata, la seconda vive in ristrettezze essendo sua madre, Tsutako Haseyama, vedova da molti anni e costretta per tirare avanti a lavorare come sarta: forse proprio per le condizioni della sua famiglia (come sostiene anche il professor Iwata) Tomiko è una studentessa modello, molto matura e responsabile per la sua giovane età, educata all'ombra dalla sua coraggiosa e virtuosa madre. La madre di Nobuko, la signora Asada, è una donna molto diversa: piena di sé, sempre impegnata a mettersi in mostra come presidentessa della Associazione Patriottica Femminile. Non può proprio accettare che sua figlia sia da meno di quella della virtuosa vedova Haseyama dato che, oltre ad essere molto orgogliosa, nel suo cuore brucia un'antica gelosia proprio verso Tsutako, la quale, molti anni addietro, era stata corteggiata da quello che poi, per questioni di interesse delle famiglie, era diventato suo marito, Keikichi Asada. Queste vecchie storie giungeranno alle orecchie delle bambine, così Tomiko ne chiederà conto alla madre e alla nonna, finendo per non sapere più a cosa credere. L'amicizia delle loro figlie farà reincontrare, dopo tanti anni, Tsutako e Keikichi, facendo così divampare la gelosia della signora Asada e portando tutte le carte ad essere messe in tavola.

 A mio parere questo film non solo è uno dei migliori del "primo periodo d'oro" di Naruse (1933-1941), ma uno dei suoi migliori film in assoluto e sono certo che chi di voi lo vedrà rimarrà stupito dalla sua efficacia. Il tema fondamentale è nel titolo, "Magokoro", che in giapponese non è semplicemente "sincerità", ma più precisamente è la rettitudine, la purezza d'animo, lo stato di chi esprime se stesso al proprio meglio. Al centro della vicenda, dunque, c'è la purezza di un'amicizia tra bambine: semplice, fresca e vera come quei fiori inquadrati allusivamente nei (bellissimi) titoli di testa. Questa semplice purezza è minacciata dalla meschinità della signora Asada e dalle ambiguità e dai compromessi del mondo degli adulti in generale: un mondo in cui gli interessi economici dividono gli innamorati, in cui la verità su un padre dissoluto e inetto va taciuta, in cui un regalo disinteressato può diventare un ingombrante macchia sulla rispettabilità di una povera vedova. È impressionante come Naruse sia riuscito a trasmetterci attraverso i volti di Nobuko e Tomiko la freschezza del cuore puro, un piccolo grande miracolo del cinema. La scena madre dal minuto 28': Tomiko interroga la madre sul proprio padre e la incalza con una serie di domande sul suo passato; mano a mano le inquadrature si stringono sui volti e catturano dei primi piani di entrambe, una dinamica serrata di campo e contro campo, fino al climax del pianto di Tomiko. Poi il campo si riallargarga, sfruttando la classica stanza giapponese tradizionale con le sue geometrie prospettiche create dai fusuma e dei tatami. A questo punto compare la nonna che esorta Tsutako a non nascondere la verità alla figlia e viene rivelato il passato sul padre che ha avuto e perso e su quello che avrebbe potuto avere. La telecamera continua a staccare tra un personaggio e l'altro, allargando e stringendo, accompagnando il pathos di ogni battuta con un'efficacia in cui si riconosce la mano del grande maestro: un montaggio svizzero, ottimi interpreti, ottima sceneggiatura. Da cineteca. Molto piacevole è anche la fotografia, un bianco e nero luminosissimo, morbido, estivo, che restituisce una freschezza che non spererei di trovare in un film del 1939: le brillanti divise alla marinaretta, le cicale che cantano, le bambine che giocano al fiume, gli interni contrapposti della elegante casa degli Asada e della frugale semplicità di casa Haseyama. Sullo sfondo delle vicende narrate c'è l'impronta della propaganda di guerra e i riferimenti indiretti al conflitto sono numerosi: ad esempio la prima inquadratura su Keikichi ce lo mostra mentre esamina la lama di una katana, un presagio di quello che porterà il finale. Non si può pretendere certo che un film non sia figlio anche del suo tempo, dunque non credo che quell'ombra di retorica patriottica sminuisca il ritratto di umanità autentica che ci restituisce "Sincerity", soprattutto con i suoi quadri familiari di intimità e affetto tra figli e genitori, con le chiacchiere delle bambine che tornano da scuola.


Versione compatibile '1,29 Magokoro 1939'
(Tradotti da Cignoman per AsianWorld)

Daughters, Wives and a Mother (Musume tsuma haha)

a.k.a. 娘・妻・母 / Filles, épouses et une mère
Figlie, mogli e una madre / A Daughter, a Wife, and a Mother

Anno 1960
Durata 2h 03'
Sceneggiatura di Toshirô Ide, Zenzo Matsuyama

---- Regia di Mikio Naruse ----




Interpreti principali: Aiko Mimasu (Aki Sakanishi, anziana madre dei fratelli Sakanishi); Setsuko Hara (Sanae Sakanishi vedova Soga); Hideko Takamine (Kazuko Sakanishi, cognata di Sanae, madre del piccolo Yoshiro); Akira Takarada (Reiji Sakanishi, fratello di Sanae, fotografo); Reiko Dan (Haruko Sakanishi, sorella di Sanae e Reiji, impiegata); Hiroshi Koizumi (Hidetaka Tani, cognato di Sanae, Reiji e Kazuko, insegnante); Tatsuya Nakadai (Shinko Kuroki, industriale vinicolo, pretendente alla mano di Sanae); Mitsuko Kusabue (Kaoru Sakanishi in Tani, sorella di Sanae, Kazuko, Reiji e Reiko, insegnante d'asilo); Keiko Awaji (Miye Tani, moglie di Reiji, ex modella, gestisce una sala da tè); Daisuke Katô (Shusuke Tetsumoto, zio di Kazuko, bancarottiere); Ken Uehara (Sokei Gojo, pretendente alla mano di Sanae); Haruko Sugimura (Kayo Tani, madre vedova di Hidetaka, suocera di Kaoru); Hiroshi Tachikawa (Yuichiro Sakanishi, marito di Kazuko, fratello primogenito di Sanae, Reiji e Haruko); Chieko Nakakita (Kiku Totsuka, promotrice finanziaria, vecchia amica di Sanae); Akemi Kita (hostess di un bar di Ginza); Chishu Ryu (anziano nonno babysitter che staziona al parco).


Un affresco familiare del Giappone datato 1960 con al centro la famiglia Sakanishi e le sue donne (da cui il titolo): meschinità, dissidi, gelosie, eredità, amori, egoismi, debiti, ipoteche, mezze verità, suocere scomode, bambini materialisti, filmini in 8 millimetri, l'ultima novità tecnologica (l'aspirapolvere), viticoltori giapponesi, scelte coraggiose e molto altro. Tutto ha inizio quando Sanae Sakanishi (Setsuko Hara) resta vedova a causa di un incidente e l'austera famiglia del marito (i Soga), con cui aveva dei dissidi, la rispedisce alla sua casa natale: per la famiglia Sakanishi rappresenta un inconveniente sia perchè Sanae è incapace di mantenersi autonomamente, sia perchè occorre darle una stanza, ma si rivela anche un'opportunità perchè porta "in dote" il premio dell'assicurazione sulla vita del marito scomparso. Essendo ancora giovane e avvenente, attirerà presto l'attenzione di parenti e amici che vogliono accasarla (o perlomeno chiederle dei soldi in prestito).
Nel frattempo...
 

Questo film racconta del Giappone agli albori del suo incredibile boom, un paese in cui si sta affermando il materialismo, in cui il ruolo della donna evolve rapidamente e in cui i legami familiari si allentano, in cui l'istituzione matrimoniale mostra tutti i suoi limiti, in cui gli anziani diventano spesso scomode presenze: nulla di nuovo, direte voi. Ma nella sceneggiatura ci sono buone dosi di ironia e anche di sano cinismo, il taglio proposto non è scontato come qualcuno potrebbe sospettare, i dialoghi chiave toccano nervi ancora scoperti della nostra stessa contemporaneità. Credo che l'aspetto più interessante da cogliere nell'opera sia proprio quel Giappone di quasi 50 anni fa spogliato di retoriche e romaniticismi, in cui si puo' riconoscere molto di quello che è il mondo post-industriale in cui viviamo oggi, con molte delle sue stesse criticità. Il principale limite della sceneggiatura credo sia la pretesa di raccontare troppe cose tutte assieme, da cui la durata che sfora le due ore: poteva essere un film più snello e brillante. Nella prima parte vengono introdotti e caratterizzati i numerosissimi personaggi, il che richiede molti metri di pellicola, la seconda metà del film è più ricca di eventi, trovate, sviluppi inattesi, ha più ritmo e quindi è più godibile. La lista degli interpreti principali che trovate qui sopra diventa indispensabile strumento per non essere storditi dall'avvicendarsi dei personaggi, per non fraintendere parentele e ruoli. Nel cast figurano grandi interpreti, alcune sequenze restano memorabili (su tutte il compeanno dell'anziana e benevola matriarca dei Sakanishi; ma anche la scena in cui Sanae prima armeggia con l'aspirapolvere e poi finisce tra le braccia dell'avvenente innamorato Shinko, la lunga sequenza in cui si rivela che casa Sakanishi è stata ipotecata dal primogenito Yuichiro per finanziare un investimento rovinoso, la splendida scena successiva in cui Sanae balla per la prima e l'ultima volta con Shinko al night club, mentre sullo sfondo danzano altre coppie nell'ombra, il breve e catartico dialogo finale tra Sanae e Kazuko, ovvero la Hara e la Takamine: “the clash of the titans”). Un film che non stanca, che nel complesso convince, forse non proprio una vetta della produzione di Naruse, ma una tappa di certo interessante.

Versione compatibile 'HanStyle 1,14 GB'
(Tradotti da Cignoman per AsianWorld)

lunedì 19 settembre 2011

Filmografia cronologica integrale di Naruse Mikio

1967 Scattered Clouds (Midaregumo) [reperibile con sottotitoli ITA]
1966 Hit and Run (Hikinige) [reperibile con sottotitoli ITA]
1966 A Stranger Within a Woman (Onna no naka ni iru tannin) [reperibile con sottotitoli ITA]
1964 Yearning (Midareru) [reperibile con sottotitoli ITA]
1963 A Woman's Life (Onna no rekishi) [reperibile con sottitoli FRA]
1962 Lonely Lane / A Wanderer's Notebook (Huorou-ki) [reperibile con sottotitoli ITA]
1961 As a Wife, As a Woman (Tsuma to shite onna to shite) [reperibile con sottotitoli FRA/ESP]
1962 A Woman's Place / The Wiser Age (Onna no za) [attualmente non reperibile]
1960 Approach of Autumn (Aki tachinu) [attualmente non reperibile]
1960 Evening Stream (Yoru no nagare) [reperibile con sottotitoli ENG]
1960 Daughters, Wives, and a Mother (Musume tsuma haha) [reperibile con sottotitoli ITA]
1960 When a Woman Ascends the Stairs (Onna ga kaidan o agaru toki) [reperibile con sottotitoli ITA]
1959 Whistle in My Heart (Kotan no kuchibue) [reperibile con sottotitoli FRA]
1958 Summer Clouds / Herringbone Clouds (Iwashigumo) [reperibile con sottotitoli ITA]
1958 Little Peach (Anzukko) [reperibile con sottotitoli ENG]
1957 Untamed Woman (Arakure) [reperibile con sottotitoli ENG]
1956 Flowing (Nagareru) [reperibile con sottotitoli ITA]
1956 Wife's Heart (Tsuma no kokoro) [reperibile con sottotitoli ENG]
1956 Sudden Rain (Shu-u) [reperibile con sottotitoli ENG]
1955 Kiss Part III: Women's Ways (Kuchizuke III: Onna doshi) [reperibile con sottotitoli ENG]
1955 Floating Clouds (Ukigumo) [reperibile con sottotitoli ENG]
1954 Late Chrysanthemums (Bangiku) [reperibile con sottotitoli ITA]
1954 Sound of the Mountain (Yama no oto) [reperibile con sottotitoli ENG]
1953 Older Brother, Younger Sister (Ani imoto) [reperibile con sottotitoli ENG]
1953 Wife (Tsuma) [reperibile con sottotitoli ENG]
1953 Husband and Wife (Fufu) [reperibile con sottotitoli ENG]
1952 Lightning (Inazuma) [reperibile con sottotitoli ITA]
1952 Mother (Okaasan) [reperibile con sottotitoli ITA]
1952 Okuni and Gohei (Okuni to Gohei) [reperibile con sottotitoli ENG]
1951 Repast (Meshi) [reperibile con sottotitoli ITA]
1951 Dancing Girl (Maihime) [reperibile con sottotitoli ENG]
1951 Ginza Cosmetics (Ginza gesho) [reperibile con sottotitoli ENG]
1950 Battle of Roses (Bara gessen) [attualmente non reperibile]
1950 White Beast (Shiroi yaju) [reperibile con sottotitoli ENG]
1950 Angry Street (Ikari no machi) [reperibile con sottotitoli ENG]
1950 Conduct Report on Professor Ishinaka (Ishinaka sensei gyojoki) [reperibile con sottotitoli ENG]
1949 Delinquent Girl (Furyi shojo) [attualmente non reperibile]
1947 Spring Awakens (Haru no mezame) [reperibile con sottotitoli ENG]
1947 Four Love Stories (Yotsu no koi no monogatari, episodio Wakare mo tanoshi) [reperibile con sottotitoli ENG]
1946 Both You and I (Ore mo omae mo) [reperibile con sottotitoli ENG]
1946 Descendents of Taro Urashima (Urashima Taro no koei) [reperibile con sottotitoli ENG]
1945 Tale of Archery at the Sanjusangendo (Sanjusangendo toshiya monogatari) [reperibile con sottotitoli ENG]
1945 Until Victory Day (Shori no hi made) [attualmente non reperibile]
1944 The Way of Drama (Shibaido) [reperibile con sottotitoli ENG]
1944 This Happy Life (Tanoshiki kana jinsei) [reperibile con sottotitoli ENG]
1943 The Song Lantern (Uta andon) [reperibile con sottotitoli ENG]
1942 Mother Never Dies (Haha wa shinazu) [attualmente non reperibile]
1941 Hideko The Bus Conductress (Hideko no shasho-san) [reperibile con sottotitoli ITA]
1941 Shanghai Moon (Shanhai no tsuki) [attualmente non reperibile]
1941 A Face From the Past (Natsukashi no kao) [reperibile con sottotitoli ENG]
1940 Travelling Actors (Tabi yakusha) [reperibile con sottotitoli ENG]
1939 Sincerity (Magokoro) [reperibile con sottotitoli ITA]
1939 The Whole Family Works (Hataraku ikka) [reperibile con sottotitoli ENG]
1938 Tsuruhachi And Tsurujiro (Tsuruhachi tsurujiro) [reperibile con sottotitoli ENG]
1937 Avalanche (Nadare) [reperibile con sottotitoli ENG]
1937 Learn from Experience Part II (Kafuku kohen) [reperibile con sottotitoli ENG]
1937 Learn from Experience Part I (Kafuku zampen) [reperibile con sottotitoli ENG]
1937 A Woman's Sorrows (Nyonin aishu) [reperibile con sottotitoli ENG]
1936 Morning's Tree-Lined Street (Asa no namikimichi) [reperibile con sottotitoli ENG]
1936 The Road I Travel With You (Kimi to iku michi) [reperibile con sottotitoli ENG]
1936 Tochuken kumoemon [reperibile con sottotitoli ENG]
1935 The Girl in the Rumour (Uwasa no musume) [reperibile con sottotitoli ENG]
1935 Wife! Be Like a Rose! (Tsuma yo bara no yo ni) [reperibile con sottotitoli ENG]
1935 Three Sisters with Maiden Hearts (Otome-gokoro sannin shimai) [reperibile con sottotitoli ENG]
1935 The Actress and the Poet (Joyu to shijin) [reperibile con sottotitoli ENG]
1935 Five Men in the Circus (Sakasu gonin-gumi) [reperibile con sottotitoli ENG]
1934 Street Without End (Kagirinaki hodo) [reperibile con sottotitoli ENG]
1933 Two Eyes (Sobo) [attualemente non reperibile]
1933 Every Night Dreams (Yogoto no yume) [reperibile con sottotitoli ITA]
1933 After Our Separation (Kimi to wakarete) [reperibile con sottotitoli ITA]
1933 A Man with a Married Woman's Hairdo (Boku no marumag) [attualemente non reperibile]
1932 Not Blood Relations (Nasanu naka) [reperibile in DVD edizione italiana con sottotitoli ITA]
1932 Crying to the Blue Sky (Aozora ni naku) [attualmente non reperibile]
1932 Chocolate Girl (Chokoreito garu) [attualmente non reperibile]
1932 Be Great! (Eraku nare) [attualmente non reperibile]
1932 Kashi no aru Tokyo fukei [attualmente non reperibile]
1932 Moth-eaten Spring (Mushibameru haru) [attualmente non reperibile]
1932 Ladies, Be Careful of Your Sleeves (Onna wa tamoto o goyojin) [andato peduto]
1931 Flunky, Work Hard! (Koshiben gambare) [reperibile con sottotitoli ITA]
1931 The Strength of a Moustache (Hige no chikara) [andato perduto]
1931 Now Don't Get Excited (Nee Kofun shicha iya yo) [andato perduto]
1931 Screams from the Second Floor (Nikai no himei) [andato perduto]
1931 Under the Neighbours' Roof (Tonari no yane no shita) [andato perduto]
1931 Fickleness Gets on the Train (Uwaki wa kisha ni notte) [andato perduto]
1930 Musashi Miyamoto [andato peduto]
1930 Love Is Strength (Ai wa chikara da) [andato peduto]
1930 Intimate Love / Mr and Mrs Swordplay (Chambara fufu) [andato perduto]
1930 Hard Times (Fukeiki jidai) [andato perduto]
1930 Pure Love (Junju) [andato perduto]
1930 A Record of Shameless Newlyweds (Oshikiri shinkonki) [andato perduto]


domenica 18 settembre 2011

"La scoperta di un autore: Mikio Naruse" di Fabrizio Grosoli - Tratto da 'Cineforum', Ottobre 1983

NOTA BENE: L'articolo di seguito riportato è stato pubblicato in occasione di una retrospettiva su Naruse Mikio tenutasi in occasione del Festival di Locarno nel 1983.


"Già da qualche anno il Festival di Locarno trova nella retrospettiva uno dei suoi momenti di attrazione più preziosi. La formula monografica ha consentito di riportare all'attenzione autori classici la cui sensibilità si incrocia puntualmente con quella dello spettatore contemporaneo. Così è stato per Ozu (poi trasformato — anche via Wenders — in punto fermo per il cinéphile degli anni'80) o per Powell e Pressburger. Ma, mentre in questi casi la rivalutazione di un'intera opera era, come si suol dire, «nell'aria» (accompagnata tra l'altro da studi e «omaggi» un po' dovunque, in particolare nell'area anglossassone), per la retrospettiva '83, dedicata al giapponese Mikio Naruse, si può parlare di scoperta assoluta, almeno per lo spettatore occidentale. Fino ad ora su Naruse — nato nel 1905 e morto nel '69 — erano noti in occidente soltanto alcuni giudizi «storici» moderatamente elogiativi come quelli di Sadoul e Anderson-Richie e, in tempi più recenti, alcune analisi più accurate (Burch, Mellen, Bock, Tessier) [NOTA Cfr. rispettivamente il «Dizionario dei Cineasti» e la «Storia del cinema mondiale» di Sadoul; «Il cinema giapponese» di Anderson e Richie, Feltrinelli, 1961 (nuova edizione inglese, «The Japanese Film: Art and Industry», Princeton University Press, 1982); «To the Distant Observer: Form and Meaning in the Japanese Cinema» di Noel Burch, University of California Press,1979 (edizione francese, Gallimard 1982); «The Wavesat Genji's Door: Japan through its Cinema» di Joan Mellen, Pantheon Books, New York, 1976, «Japanese Film Directors» di Audie Bock, Kodansha, Tokyo-NewYork, 1978, «Images du cinema japonais» di Max Tes-sier, Ed. Veyrier, Paris, 1981.] che, — insieme ad alcune testimonianze giapponesi (tra cui quelle di Kurosawa e Oshima) — cominciavano a propagare l'immagine suggestiva del «quarto grande» [NOTA: Dopo Mizoguchi, Ozu, Kurosawa, s'intende; ma quanti «grandi» ci restano da scoprire dentro l'inesauribile miniera del cinema giapponese, da Gosho a Ito, da Uchida a Toyoda, da Kinoshita a Kinugasa?]. La conoscenza diretta della sua opera in Europa è sempre stata praticamente inesistente, se si escludono rarissime eccezioni [NOTA: La distribuzione in Francia di Okasan, 1952, il premio assegnato proprio a Locarno a Midareru, 1964.] in Italia, per lo meno a quanto ci risulta, silenzio assoluto.
Di fronte a una tale carenza di tradizioni critiche, diventa legittima una prima questione sull'opportunità e la giustificazione della personale locarnese. «Merita» il dimenticato Naruse una riconsiderazione generale del suo cinema? Ci troviamo di fronte a un grande cineasta, a un vero «autore», con una poetica e uno stile personali? La risposta, fin da ora, non può essere che affermativa, senza riserve. Al di là di confronti e graduatorie sempre opinabili e ingenerose [NOTA: Alle quali sembra votarsi invece Audie Bock autrice del catalogo di Locarno — che peraltro risulta documentatissimo e quindi fondamentale, non foss'altro che per la preziosa filmografia completa e commentata — la quale insiste sulla contrapposizione Naruse-Ozu, ovviamente a favore del suo autore, attraverso vetuste argomentazione tematico-ideologiche.], Naruse è effettivamente autore in un'accezione piena, tradizionale, perfino desueta. La sua opera è marcata, attraverso 40 anni di cinema, da un'assoluta, quasi ossessiva continuità di temi che va ben oltre la artigianale specializzazione in un genere definito — lo shomin-geki come vedremo — e che si riassume nella figura di donne dolorosamente affrancate da ambienti arcaici o da relazioni inaridite. E nello stesso tempo è segnata anche da uno stile autenticamente personale: trattenuto,antispettacolare, fatto di dettagliate osservazioni su comportamenti quotidiani e privo di vistose evoluzioni narrative, che non fa che affinarsi e radicalizzarsi col procedere degli anni.

Nonostante questo, Naruse resta un cineasta profondamente radicato nel sistema industriale tradizionale del cinema giapponese. La sua formazione è tipica di gran parte dei registi dell'epoca. Ingresso nel cinema negli anni '20 con l'umile ruolo di «trovarobe», scalata di tutta la gerarchia del set, fino all'esordio alla regia nel 1930. Poi un lungo periodo di routine, caratterizzato da film muti (il passaggio al sonoro avverrà solo nel '35), di breve durata e di generi spesso non confacenti alla sua personalità come le commedie, definite all'epoca burlesque o non-sense. Infine il riconoscimento — faticosamente conquistato — di autore e il passaggio alle dipendenze di una delle case di produzione «storiche» del Giappone, la P.C.L., che poi diventerà Toho.

Alla Toho vigeva un rigido sistema di divisione dei ruoli dominato dal produttore (un producer-system di modello hollywoodiano, insomma), ma ciò non impedì a Naruse (che resterà sostanzialmente fedele alla compagnia — nonostante il tentativo nel dopoguerra di fondare una casa indipendente — fino all'ultimo film girato nel 1967) di guadagnarsi col tempo una maggiore libertà d'azione, quella riservata ai grandi registi di successo.Una libertà che nel suo caso poteva comportare un controllo diretto di tutte le fasi essenziali della lavorazione.
Di una filmografia sterminata (ben 87 film), la rassegna di Locarno ha offerto una selezione — che dobbiamo ritenere rappresentativa — composta da una decina di film degli anni '30 e da altrettanti del periodo che va dal 1951 al 1964, in copie sottotitolate in inglese provenienti dagli archivi giapponesi. Non sono stati inclusi, dunque, gli anni della cosiddetta crisi involutiva di Naruse, cioè tutto il periodo bellico e il dopoguerra, caratterizzati peraltro dalle pesanti censure governative, dalle conseguenti imposizioni agli studi di soggetti militareschi o edificanti (Naruse tornerà a girare commedie e perfino film in costume) e successivamente dalle agitazioni sociali che per qualche tempo bloccarono la Toho.
L'impressione di continuità ed omogeneitàdel corpus narusiano risulta da questa scelta ovviamente rafforzata, ma non c'è dubbio che a Locarno si siano viste soltanto opere che l'autore stesso — sempre umile ed esigentissimo nei propri confronti — giudicava degne di una memoria futura.


La tragedia del quotidiano
«Non posso impedirmi di amare il modo patetico in cui gli uomini conducono la loro vita in mezzo allo spazio infinito».  Fumiko Hayashi
In quasi tutti i film della retrospettiva dunque, la storia — si potrebbe dire — «è sempre la stessa». Una giovane donna rifiuta di accettare il destino di subalternità e di grigiore che le impongono il proprio ambiente, borghese o proletario che sia, e soprattutto la meschinità e la grettezza degli uomini che la circondano. La conclusione è inevitabile: la donna è condannata alla solitudine, una condizione accolta con sofferenza, ma anche con dignità e forza interiore.
Già da una descrizione così sommaria è possibile comprendere innanzitutto l'originalità e la radicalità, per la cultura orientale, del discorso di Naruse, anche rispetto agli altri grandi registi «di donne» come gli stessi Mizoguchi e Ozu, e poi l'impossibilità di racchiudere la sua figura entro lo schema dell'artigiano esecutore di un solo genere. Lo shomin-geki — secondo Anderson e Richie — è il film sulla gente comune e soprattutto sulla piccola borghesia, un genere che a seconda della personalità degli autori si orienta poi verso la commedia (Gosho) o verso il melodramma (Naruse).
In realtà nel cinema di Naruse solo la cornice essenziale dello shomin-geki, l'ambientazione di fondo, viene rigorosamente seguita, quasi con un'interiorizzazione «naturale» delle sue potenzialità drammatiche, mentre il racconto si realizza poi in cadenze del tutto personali che esprimono una singolare poetica del quotidiano e della tragica superiorità del sentire femminile.

In un contesto di norma contemporaneo (che tuttavia comincierà a contenere brucianti riferimenti alle conseguenze dell'attuale, la tragedia della guerra, solo nelle grandi operedegli anni '50), gli ambienti rappresentati variano dal proletariato vero e proprio (Hataraku ikka / Tutta la famiglia lavora 1939, Okasan / La madre 1952), al mondo rurale (Ani imoto / Fratello maggiore, sorella minore 1953, Iwashigumo / Nubi d'estate 1958), alla piccola borghesia urbana, commerciante o impiegatizia (tra gli altri, Meshi / Il pasto1951, Inazuma / Il lampo 1952, Yama no oto / Il suono della montagna 1954, Ukigumo / Nubi fluttuanti 1955, Midareru / Tormenti 1964), e comprendono soprattutto la vita e i luoghi delle donne emarginate o escluse da ogni comunità sociale «rispettabile»: cantanti, cameriere-«entraîneuses» e,più di ogni altra, geishe, le donne «indipendenti», sole e sfruttate per eccellenza (da Otome-gokoro sannin shimai / Tre sorelle dal cuore puro 1935, a Bangiku / Crisantemi tardivi 1954, da Nagareru / Nella corrente 1956, a Onna ga kaidan o noboru toki / Quando una donna sale le scale 1960).

Naruse — anch'egli di origine piccolo-borghese — descrive questi ambienti con l'attenzione e la familiarità che gli derivano da un'antica frequentazione personale e fa dei luoghi pubblici e privati corrispondenti (i negozi, i bar equivoci, i quartieri delle geishe, le case popolari del Shitamachi di Tokyo, tutte proiettate verso l'esterno e senza barriere al loro interno) il centro emblematico del suo mondo poetico desolato. Luoghi in cui vige un sistema di vita apparentementee forzatamente comunitario (con la strada, i vicini, i familiari, i clienti), ma dove la comunicazione resta formale o interessata, dove l'espressione di sentimenti intensi rischia direstare esclusa o in breve logorata.
Le storie, i drammi interiori che prendono forma in questi spazi, solo raramente però assumono i toni del melodramma. Mancano in Naruse alcune delle «regole» fondamentali del genere: il manifestarsi all'eccesso di affetti e di azioni dettate dalla passione, il costruirsi intorno a grandi eventi drammatici, per colpi di scena e improvvise «agnizioni», la presenza di happy-end o di finali tragiciche comunque risolvono definitivamente il turbamento di un iniziale equilibrio.
La «filosofia» espressa nei suoi film è — in senso del tutto opposto — che la tragedia risiede senza speranza di risoluzione nel quotidiano stesso, nell'accumularsi di incomprensioni, di insensibilità all'amore, di gretti interessi egoistici, di cui di nuovo sono vittime soprattutto le donne; alla fine nella coscienza dell'impossibilità di stabilire un'armonia duratura in un mondo sempre più travolto dalle «necessità materiali». Tutto questo è espresso con un'assoluta economia di gesti e dialoghi: i personaggi femminili comprendono le miserie da cui sono circondati unicamente tramite dettagli (sguardi, frasi in apparenza anonime, sottili variazioni di comportamento) appena percepibili e non enfatizzati dall'occhio di Naruse, così come l'evento potenzialmente più drammatico — l'abbandono del proprio ambiente (di un uomo, una casa, un figlio che deve nascere) — si produce in modo asettico, perfino brutale a volte (l'illusione delle emozioni è già trascorsa), assolutamente antieroico, attraverso il compimento di pochi gesti essenziali [NOTA: Può costituire un'eccezione a questo procedimento — tra i grandi film degli anni '50 — lo straordinario «melo» Ukigumo, storia dell'amour-fou di una donna per un uomo indegno che la condurrà fino alla morte. Ma anche qui Naruse si occupa soprattutto a rappresentare ellitticamente le premesse e gli effetti delle passionie delle non-coincidenze amorose più che la loro esplosione; fino allo splendido finale dove la morte della protagonista viene continuamente evocata — nella rassegnazione e nell'estenuazione che si è impadronita dei due amanti finalmente ricongiunti — ma non ripresa al momento del suo sopraggiungere.].
Il «linguaggio» impiegato è del resto perfettamente adeguato alla materia della rappresentazione. È assente qualsiasi «artificio» di regia troppo evidente: montaggio rapido, raccordi a effetto, movimenti di macchina sottolineati e «autonomi» rispetto ai personaggi [NOTA: Tranne che nelle primissime opere degli anni '30 cherisentono chiaramente delle Avanguardie europee e inparticolare di Rene Clair.], per far posto a una messa in scena completamente concentrata sull'oggetto delle riprese — quindi esseri umani a confronto in un décor delimitato — e costruita su inquadrature ad altezza d'uomo, leggeri movimenti a seguire gli attori, predominanza di campi medi e primi piani — ma senza un gioco di differenze scalari troppo sensibili all'interno della stessa sequenza — montaggio fluido, in continuità, senza tempi morti o campivuoti (come in Ozu). Un sistema formale impostato di nuovo sul senso della quotidianità e del suo scorrere uniforme, in cui la mimica di un volto assume più valore o cela più violenza di un dialogo concitato o di un'azione serrata.
Da un punto di vista «drammaturgico», l'elemento forse più significativo di questo sistema è la rinuncia programmatica allo happy-ending e più radicalmente a qualsiasi finale che rappresenti un'effettiva risoluzione degli avvenimenti narrati. I film di Naruse si concludono quindi in modo assolutamente «aperto», senza che intervengano eventi decisivi, solitamente con un dialogo o un gesto in cui semplicemente viene ribadita l'impossibilità di un'ulteriore progressione dei fatti e insieme constatata la necessità di continuare a vivere dopo aver raggiunto fieramente la superiore consapevolezza dell'inevitabilità della sofferenza e della solitudine.
Con tutto questo non sarebbe corretto affermare che il racconto di Naruse rappresenti una sorta di superficie monotona e senza increspature. Al contrario in ogni film si producono tra i personaggi tensioni profonde che a volte possono esplodere apertamente con violenza (come nel conflitto tra fratello e sorella in Ani imoto) e che sono comunque espressione di un grande dramma storico intimamente sentito dall'autore: il crollo progressivo dei valori istituzionali dell'antico Giappone e in primo luogo della famiglia. Ma una volta prodottasi l'inevitabile lacerazione definitiva — legata o meno a un trauma violento — il ritmo si ricompone nella lenta, amara esplorazione di una nuova condizione che non può che essere «negativa» —però vissuta in un contesto culturale ostile o impreparato — e appunto senza evoluzioni possibili.
Il «femminismo» di Naruse si manifesta così in termini molto meno esteriori di quanto potrebbe apparire. La donna dei suoi film non è «ribelle» o «indipendente» per natura.La condanna alla solitudine che subisce, deriva più profondamente da una sensibilità ingigantita dalla proterva meschinità degli uomini, dalla sua esigenza insopprimibile di rapporti autentici e assoluti, dall'essere comunque più vicina degli altri al senso tragico della vita e dal saperne accettare malinconicamente le conseguenze. Il modello femminile che emerge è reso dal complesso e ambiguo intreccio tra un'energia interiore e un'autodeterminazione a volte perfino scandalosa per la cultura orientale e una quieta, affettuosa dolcezza (questa sì profondamente nipponica) prodigata agli altri con stoica disponibilità al di là di ogni delusione e fallimento. Un ritratto mediato anche dal mondo poetico letterario di autori contemporanei come Kawabata e soprattutto come la scrittrice Fumiko Hayashi (di cui Naruse adattò molti romanzi e alla fine — in Horoki / Cronaca del mio vagabondaggio, 1962 — perfino la biografia) e splendidamente realizzato da un gruppo di attrici «fedeli», tra le quali spicca la grande Hideko Takamine, perfetta e intelligente incarnazione di questa somma di fragilità e determinazione, dedizione e orgoglio, che sta al centro della poetica di Naruse.


Costanti di stile
A queste prime considerazioni, molto generali, dovrebbero seguire, crediamo, analisi più dettagliate dei singoli film o per lo meno valutazioni non episodiche sull'evoluzione del linguaggio di Naruse dagli anni '30 alla «maturità» del dopoguerra; ma ci pare ovvio che le personali circostanze, «effimere», di visione non consentano un approccio «scientifico» di questa natura.
Eppure restano nella mente dettagli, sequenze, costanti di stile che certamente potrebbero rendere più complesso e meno omogeneo lo sguardo d'insieme gettato fino ad ora: pensiamo alla freschezza «avanguardistica» dei primi film muti, con quei rapidi movimenti in avanti della m.d.p. a cercare il volto dei protagonisti; alla durezza del ritratto di «donna perduta» dal carattere singolarmente energico in Yogoto no yume, con un finale terribile e indimenticabile in cui la protagonista maledice la «debolezza» del marito suicida; alla raffinatezza del rapporto immagine-suono già nel primo sonoro, Otome-gokoro sannin shimai; alla sobrietà stilistica di Tsuma yo bara no yo ni / Donna, che tu sia similea una rosa 1935, nel descrivere il conflitto tra ambiente proletario e borghese, quest'ultimo visualizzato, con una satira inattesa, dalla figura di una donna di casa-poetessa; e poi tutti gli anni '50, con le terribili conseguenze della guerra alle spalle — il trauma di Hiroshima e di una generazione distrutta, il crollo dell'Impero e dei suoi valori, sostituiti dai non-valori occidentali — che vengono filtrate da Naruse in un modo di raccontare più aspro e insieme ancora meno «gridato»; questo non tanto in film come il famoso, ma bozzettistico Okasan, quanto in autentici capolavori sulla disgregazione della famiglia come Meshi, Inazuma, Yama no oto (il più vicino a Ozu) o lo stesso, sublime, Ukigumo. L'ovvia speranza è che queste analisi diventino possibili al momento di una presentazione italiana (da parte di un'istituzione pubblica benemerita, magari) della personale di Naruse (che sarà disponibile a partire dalla fine dell'84 dopo una lunga tournée americana); ma è una speranza andata troppe volte frustrata in analoghe occasioni per ritenerla di facile attuazione.

È tutto il cinema giapponese del resto, che attende da troppi anni (dai successi degli anni '50, forse) il superamento di un interdetto non solo commerciale che lo affligge nel nostro paese. Dati i tempi, non resta che augurarci che i recenti trionfi internazionali, insieme ad alcune coraggiose iniziative (la serie Ozu sulla Rete 3, le monografie orientali di Pesaro ecc.), riescano a trasformare in «moda culturale» la conoscenza dei molti, grandi autori e in genere dell'inesauribile patrimonio espressivo offerto al cinema da questa civiltà. "

di Fabrizio Grosoli, articolo pubblicato su 'Cineforum', Anno 23 - numero 10, Ottobre 1983.